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La tomba incompiuta
a cura di Alberto Rossignoli
Horemheb, quattordicesimo e ultimo faraone della XVIII dinastia (che regnò dal 1319 al 1292 a.C.), capo dell’esercito durante il regno di Tutankhamon, ancora leader militare sotto il successore Ay, divenne sovrano quando quest’ultimo morì senza lasciare eredi. Giunto al potere per meriti e non per discendenza, forte di una mentalità militare acquisita al servizio dei precedenti faraoni, Horemheb improntò il suo regno sotto il segno dell’ordine, della disciplina, dell’obbedienza.
Per ironia della sorte, non riuscì tuttavia a farsi obbedire completamente proprio da coloro che dovevano predisporre il suo ultimo e più importante viaggio. Gli artisti incaricati di abbellire la sua tomba nella Valle dei Re, infatti, lasciarono incompiuta una buona parte delle opere. Su alcune pareti delle camere sepolcrali, dove dovevano splendere colori vivaci e figure ben definite, essi lasciarono invece disegni abbozzati, rifiniture interrotte, sculture appena iniziate. Quello che per l’epoca fu certamente un fatto inconsueto, e ancora non spiegato, specie per la tomba di un faraone, oggi si è rivelato un tesoro prezioso.
Nella tomba del faraone-generale, gli studiosi dell’arte egizia possono infatti valutare con attenzione tutte le fasi che caratterizzavano il lavoro degli artigiani e degli artisti del Nuovo Regno e capire finalmente come nascevano i capolavori che ci sono giunti.
La tomba è nota ormai da tempo: venne scoperta nel 1908 dall’egittologo inglese Edward Ayrton; ma adesso è diventata oggetto di una particolare attenzione proprio per il fatto che le pitture che la ornano sono incompiute, così come per la loro qualità estremamente raffinata e innovativa.
Alcune delle opere che vi sono state rinvenute sono infatti in mostra al Louvre, insieme a una ricca serie di oggetti provenienti dal villaggio degli artisti di Dei el-Mèdineh. Nella sua tomba Horemheb fece sviluppare diverse innovazioni artistiche e rituali, che furono poi ereditate dai sovrani della dinastia successiva, la XIX (1292-1185 a.C.). Introdusse, per esempio, i dipinti su bassorilievo in sostituzione delle semplici pitture su fondo piatto che potevamo incontrare nelle sepolture precedenti. Proprio la condizione di opere incompiute consente poi di apprezzare appieno questo nuovo procedimento messo a punto dagli artisti del suo regno.
In una prima fase, un disegnatore abbozzava le figure delle diverse scene con un tratto rosso; in seguito un rifinitore – probabilmente un capo squadra – correggeva gli errori e perfezionava i contorni con una specie di inchiostro nero. Nella terza fase agiva lo scultore che, seguendo con precisione le sagome delle figure donava loro un leggero rilievo, riempito infine dal pittore con colori vivaci.
Per la prima volta nella tomba di Horemheb vennero scritti brani tratti dal Libro delle Porte, anziché da quello, molto più diffuso e utilizzato, dell’Amduat. La liturgia funebre dei faraoni prevedeva che brani liturgici venissero recitati ma anche iscritti nelle camere sepolcrali, sul sarcofago e negli stessi amuleti che adornavano la mummia regale. I più antichi di questi brani sono i Testi delle piramidi, che appaiono per la prima volta nella piramide di Ounas, ultimo regnante della V dinastia (2350-2321). Nel Nuovo regno, man mano che il pantheon egizio si arricchiva di divinità e che si perfezionavano le pratiche funerarie altri testi fecero la loro comparsa. Inizialmente il testo riservato al faraone era il libro dell’Amduat, una vera e propria guida per agevolare il viaggio nell’Aldilà. Horemheb decise invece di utilizzare per la prima volta il Libro delle Porte, che descrive il viaggio notturno del dio solare Ra.
Il Sole, oltrepassato l’orizzonte occidentale, naviga con la barca in mezzo al fiume dove incontra cinque porte, ciascuna abitata da genietti e serpenti sputafuoco che lasciano passare solo coloro che non hanno offeso Maat (la dea dell’ordine e della giustizia) nel corso della loro esistenza. Per disporre di una manovalanza ampia ed esperta per l’edilizia funebre della Valle dei Re, i faraoni della XVIII dinastia (quella di Horemheb) fondarono addirittura un villaggio: Deir el-Mèdineh, che prosperò per quasi 400 anni in una valle della montagna texana.
Gli scavi hanno fornito una ingente quantità di oggetti di uso quotidiano e di documenti scritti. In un papiro c’è addirittura la prima testimonianza di uno sciopero, attuato al tempo di Ramesse III (1184-1153). Nel ventinovesimo anno del suo regno, gravi ritardi nei pagamenti agli operai della necropoli reale, spinsero i lavoratori a disertare il posto di lavoro e a dirigersi proprio al tempio di Horemheb per esigere 46 sacchi di grano, che alla fine furono consegnati.
Fonti:
Quark n. 18; Enrica Salvatori, Il mistero della tomba incompiuta
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