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La Strage dei Vincitori Perdenti
a cura di Aroldo Antonio
La battaglia della Foresta di Teutoburgo si svolse nel "9 d.C." tra l'esercito romano guidato da Publio Quintilio Varo e una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio, capo dei "Cherusci" . Fu una delle più gravi sconfitte subite dai romani: tre intere legioni, (la 27°, la 28° e la 19°), furono annientate. La battaglia diede inizio a una guerra durata sette anni, alle fine della quale i romani rinunciarono a ulteriori tentativi di conquista della Germania. Il Reno si consolidò così come confine nord-orientale dell'Impero per i successivi 400 anni fino alla sconfitta di Adrianopoli nel "378 d.c." .
Dopo che Tiberio, figlio adottivo dell'imperatore Augusto, aveva domato gli ultimi focolai di una
rivolta degli inizi del primo secolo, la Germania appariva ai romani come una vera e propria provincia. A Roma si pensava che ormai fosse arrivato il momento di introdurre nella regione il diritto e le istituzione romane. L'imperatore Augusto decise così d'affidare ad un burocrate più che ad un generale il governo della nuova provincia. Scelse, per tale motivo, il governatore della Siria, Varo. Augusto riteneva, infatti, che un personaggio noto certamente non per l'abilità bellica potesse far cambiare le usanze secolari dei Germani che non apprezzavano i modi rudi dei militari romani. Questo nuovo governatore della Regione, però, ignorando queste indicazioni, soleva rivolgersi ai Germani come a degli schiavi, credendo che essi si fossero ormai arresi alla "Volontà Romana" . Questa era la situazione prima della disfatta che annientò le tre legioni che erano affidate al comando di Varo.
Era settembre, e Varo finita la stagione di guerra, (che per i romani iniziava a marzo e finiva ad ottobre), già si muoveva verso i campi invernali presso il Reno. L'inesperto comandante, Alla guida delle suddette tre legioni, insieme anche ai reparti ausiliari e numerosi civili, si spinse verso sud ovest, affidandosi alle indicazioni degli indigeni poiché non conosceva il luogo. Quello che Varo non sapeva è che le popolazioni locali, guidate da Arminio, principe dei Cherusci, avevano organizzato un'imboscata. Il percorso sul quale furono dirette le legioni romane non era la via che avrebbero dovuto prendere per dirigersi velocemente nei campi invernali. Sono state formulate diverse ipotesi sul perché i Romani si siano diretti a nord ovest prima di attraversare la "Porta Vestfalica" , l'ipotesi comunque più plausibile è che Varo fosse stato informato di una rivolta scoppiata nei pressi del massiccio calcareo di Kalkriese, e che quindi si fosse diretto lì velocemente per contrastarla prima che potesse diffondersi.
Il 9 settembre i Romani subirono i primi attacchi che comunque riguardarono solo l'avanguardia e furono di piccola entità. Probabilmente Varo non dette troppa importanza a queste avvisaglie ritenendole scaramucce. Le tribù in rivolta sotto gli ordini di Arminio erano differenti; si dividevano, infatti, in Cherusci, Bructeri (o Bructi), Catti, Marsi ecc., ma Varo non sapeva né contro chi stesse marciando né che il capo nemico fosse al suo fianco durante la marcia: Arminio infatti era ritenuto dai Romani un importante alleato e per questo gli era stato fatto dono della cittadinanza romana e del titolo di "Cavaliere" .
Il secondo giorno fu peggiore del primo perché le perdite subìte furono maggiori. Gli uomini di Arminio conoscevano bene il territorio e in piccoli gruppi armati alla leggera, si lanciavano in rapide incursioni fuggendo prima che la macchina militare romana potesse disporsi in formazione da combattimento, impedita com'era dalla mancanza di spazio in cui manovrare. Infatti, non essendoci strade, i Romani dovettero attraversare una fitta foresta tra un massiccio calcareo e una palude.
Il terzo giorno i Romani arrivarono nel luogo pensato e di conseguenza predisposto da Arminio per l'attacco principale. Era il punto in cui la grande palude si avvicinava di più alla montagna calcarea e dove quindi il passo che portava al varco era ristrettissimo (120-80 metri). Qui i Germani avevano innalzato un terrapieno lungo oltre 500 metri e largo 4-5 metri parallelo alla conca lungo il bordo del bosco, vera e propria muraglia senza fossa antistante con strette aperture per l'uscita e l'entrata dei loro combattenti. Da qui potevano attaccare il fianco sinistro delle truppe romane per tutta la loro lunghezza. Nonostante l'idea di Varo di dividere il proprio esercito in piccoli gruppi armati con molti "Pila" le perdite furono pesantissime e si scatenò il caos nello schieramento romano. La cavalleria, guidata da C. Numonio Vala invece di proteggere il seguito delle truppe si staccò dal nucleo e cercò la salvezza fuggendo verso nord-ovest attraverso la palude ma anch'essa venne coinvolta in ulteriori combattimenti (per circa 4 chilometri secondo i recenti scavi) ed è probabile che anche questi soldati siano stati eliminati. A questo punto quasi tutti i soldati romani abbandonarono gli scontri preferendo uccidersi o fuggire (per venire catturati o uccisi dai Germani), Varo stesso, ferito nel combattimento morì o si dette la morte con la propria spada. Alla fine a resistere furono solo un piccolo gruppo di veterani che continuarono a combattere dopo aver costruito un campo di fortuna su di una altura; nella serata però anche quest'ultima fiaccola di resistenza venne eliminata dai Germani che assalendo il campo da tutte le direzioni, lo presero facilmente. Gran parte dei superstiti vennero sacrificati alle divinità germaniche e i restanti vennero liberati, o scambiati con prigionieri germanici o riscattati se è vero che durante le spedizioni del 16-17, (sei anni dopo la disfatta),Germanico si fece ricondurre sul campo di Kalkriese avvalendosi dell'aiuto dei veterani della battaglia, gli unici che ne potevano indicare il luogo.
La "Clades Variana" fu la più grande disfatta subita dall'Impero Romano (ma non in assoluto la più grande della storia romana) e mise fine ai propositi augustei di espansione verso il nord est dell'Europa. Dopo questa sfortunata battaglia Svetonio ci racconta nel suo "Vita dei Cesari" che Augusto non si fosse tagliato per mesi barba e capelli in segno di lutto e si lamentasse con la celebre frase: "Varo Rendimi le mie Legioni" (Vare legiones redde). Inoltre sembra che l'imperatore, temendo un attacco dei Germani, cercò di ricostituire velocemente le tre legioni perse, si dice arruolando liberti, criminali e persino persone che non avevano la cittadinanza romana. Augusto infine consigliò il suo successore di non intraprendere altre spedizioni fuori dai confini, ma Tiberio, inviò invece Germanico a combattere in quelle zone.
La decisione di Varo di attaccare subito quello che ritenne un principio di rivolta non era tuttavia insensata, in quanto un mancato intervento e il ritiro nei campi invernali sarebbe stato percepito da tutte le tribù come un fattore di debolezza, spingendo anche gli indecisi ad unirsi alla ribellione. Varo fece quello che ci si aspettava da ogni comandante romano in caso di disordini, e che aveva fatto anche quando era governatore della Siria per stroncare una rivolta giudaica, scegliendo di intervenire subito, anche con poche truppe, male rifornite e organizzate.
Sembra che Germanico abbia ritrovato solo due delle tre insegne delle legioni perse nella battaglia, mentre pare che la terza sia sparita, insieme al suo portatore, nella grande palude a nord del campo di battaglia. Infatti l'aquilifer che la portava preferì morire portandosi dietro l'insegna piuttosto che lasciarla nelle mani dei Germani.
La battaglia segna di fatto la fine dell'espansionismo romano in Germania: il "Lamento" di Augusto, di cui si parlava poc'anzi, può essere associato, infatti, non solo alla sconfitta militare, di per se grave, ma anche alla consapevolezza del vecchio imperatore di non poter stabilizzare i confini nord-orientali. L'espansione romana si arrestò, infatti, sulle rive del Reno, mentre Augusto avrebbe preferito le sponde dell'Elba, che, come confine, si mostrava strategicamente molto più sicuro. Soprattutto perché non avrebbe esposto l'impero ad un pericolo perenne di divisione tra Est e Ovest, soprattutto per la vicinanza degli avamposti barbari alla "Porta" romana che collegava oriente e occidente: Aquileia.
La colonizzazione della Germania avrebbe aperto scenari del tutto differenti per la storia di tutta la latinità. Infatti le popolazioni barbare che indebolirono negli ultimi secoli di vita dell'Impero l'esercito romano provenivano dalle regioni tra l'Elba ed il Reno. La possibilità di una loro civilizzazione, come era avvenuto per Galli, Bretoni e Iberi, avrebbe sicuramente aumentato la forza e la quantità del potere militare, attenuando le lotte intestine e l'impatto di popoli come gli Unni che rifornirono le schiere con quelli che un tempo erano "Alleati di Roma" verso la quale invece nutrivano odio e brama di appropriarsi delle sue ricchezze.
Analizzando il corso degli eventi nella storia si può osservare che tutti gli Imperi tedeschi dagli Ottoni a Hitler si sono fondati sull'esaltazione dei valori propri della "Germanicità" nati nelle tribù barbariche e maturati nel Medioevo che con la "Latinizzazione" delle genti conquistate dall'espansione romana non sarebbero potuti esistere.
Questo particolare episodio storico ricorda in modo impressionante il modo in cui si stanno combattendo le guerre in Iraq e Afghanistan. Forse se i comandanti militari di oggi che stanno combattendo in quella parte del mondo leggessero di questa Storia,cambierebbero molte cose della loro strategia. E forse le guerre in quelle regioni provocherebbero meno vittime.
Fonti:
da indicare
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