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La mummia di Similaun: omicidio e maledizione?
a cura di Alberto Rossignoli
Il 19 settembre 1991, presso il ghiacciaio di Similaun, nelle Alpi Venoste (altitudine: 3210 m), due alpinisti di Norimberga rinvennero quella che sarà presto nota come la "mummia di Similaun".
Si tratta del corpo di un essere umano di sesso maschile conservato tra i ghiacci; inizialmente si è pensato ad una vittima di un incidente in montagna, ma sui suoi resti furono successivamente rinvenuti segni di violenza. Dal momento che il corpo fu rinvenuto a ridosso del confine italo-austriaco, la magistratura austriaca aprì un'inchiesta contro ignoti.
Durante le indagini, sul posto del ritrovamento giunge il noto alpinista Reinhold Messner, il quale suggerì l'ipotesi che il cadavere fosse molto antico. Infatti, una successiva datazione al radiocarbonio stabilirà che la mummia (nel frattempo ribattezzata "Ötzi", dal nome dell'area alpina in cui fu rinvenuta, le Ötztaler Alpen) visse tra il 3350 e il 3100 a.C. ed era già nel mondo dei morti da un po': si pensa che fosse già morta quando fu costruita la piramide di Cheope.
Tra le ipotesi recenti più curiose vi è quella secondo cui, dietro alla morte di Ötzi vi sarebbe un omicidio.
Meglio, prima, dire qualcosa circa le condizioni di vita (presunte) della mummia: accanto al corpo fu rinvenuto un arco, una faretra in pelle con delle frecce, un'ascia, un fodero, un coltello, un contenitore con dei funghi secchi; si pensò fosse uno sciamano, tuttavia non si hanno sufficienti elementi che possano confermare quest'ipotesi.
Dai rilievi, emerse che era alto poco meno di 160 cm e aveva denti particolarmente usurati a causa del consumo continuo di cereali con cristalli di quarzo derivati dalla loro macinatura (fatta con mola di pietra). Non possedeva il dodicesimo paio di costole; alcune costole e il braccio sinistro mostravano fratture. Dalle analisi mediche si rilevò che quell'uomo, prima della morte, fu sottoposto ad un notevole stress e, oltre a alterazioni degenerative, era affetto da una calcificazione vascolare anche avanzata, come venne scritto nel referto medico.
Indicativamente, l'età dell'uomo, al momento del decesso, doveva essere compresa tra i 40 e i 56 anni (si consideri il periodo storico in cui visse…).
Sulla schiena e sulle gambe sono presenti segni riconducibili a tatuaggi (dal significato non altrimenti noto) ottenuti con il carbone vegetale.
Il suo vestiario era composto da una sopravveste di pelli di capra indossata con il manto verso l'esterno. Indossava un paio di calzoni (dello stesso materiale del mantello) e una cintura di pelle di agnello cui era applicata una bandella per formare una tasca all'interno della quale vi era un raschiatoio, un perforatore e una lametta di selce. Indossava inoltre un perizoma, fissato alla cintura, di pelle di capra. Per ripararsi dal freddo indossava della scarpe formate da suole in cuoio con bordi di pelle tenuti uniti da una striscia di cuoio; unitamente a questo, nelle scarpe poneva del fieno, come ulteriore riparo dal freddo.
Indossava inoltre un grosso mantello di erbe legate assieme e un berretto di pelo.
Era armato con arco, frecce, ascia e pugnale e strumenti vari di selce, uno dei quali serviva ad affilare le sue armi. Tra i resti di oggetti rinvenuti vi erano parti di una gerla, un contenitore di corteccia di betulla e un pendaglio costituito da un laccio di pelle e da una pietra forata.
Dalle analisi dell'Istituto di Botanica dell'Università di Innsbruck si è potuto sapere il contenuto dell'ultimo pasto di quell'uomo: un composto di farro, carne e altre piante non meglio identificabili, grano macinato (forse assunto come pane), frutta.
Ma come morì?
La morte per cause naturali è attualmente da escludere, considerato che, nel 2001, esami radiografici hanno rilevato all'interno del corpo una punta di freccia.
Secondo i patologi, nell'area in cui è stata rilevata, la freccia (fermandosi, si pensa, tra l'apice del polmone sinistro, il lato interno della scapola e la gabbia toracica) avrebbe probabilmente leso almeno un'arteria, provocando così un'ampia emorragia.
Non si esclude che l'arma possa aver reciso dei nervi, causando la paralisi del braccio sinistro; ipotesi forse non errata, se si considera l'innaturale posizione in cui fu rinvenuta la mummia, in particolare dell'anomala posizione del braccio sinistro.
Se tutto ciò corrisponde a verità, dalla ferita al decesso non sarebbero passate più di tre ore.
Nel tentativo di ricostruzione della scena del crimine, si è ipotizzato che l'uomo fosse stato colpito dal basso e da una distanza di circa 80 m: con una distanza minore, la freccia avrebbe attraversato il corpo. Probabilmente l'uomo fu colpito più volte, prima di trovare rifugio (sono stati rilevate delle lesioni ai tendini del pollice e dell'indice della mano destra e scheggiature al polso destro, indicatori del tentativo di rifugio operato dal ferito) e venire sopraffatto dal freddo e dalla copiosa perdita di sangue.
Tuttavia, chi l'ha ucciso resta attualmente un mistero, unitamente al movente.
Ma c'è dell'altro.
Sei (forse sette) persone, collegate al ritrovamento della mummia sono decedute in un breve arco di tempo.
Rainer Henn, medico legale che guidava la squadra di specialisti austriaci che fece i primi rilevamenti sulla mummia: nel 1992, lo scienziato perì in un incidente d'auto, prima di poter rivelare alcune sensazionali scoperte sulla mummia;
Kurt Frits, alpinista che fu tra i primi ad organizzare il trasferimento della mummia, in particolare occupandosi dell'elitrasporto: morì nel 1992, travolto da una slavina in una zona che conosceva bene;
Rainer Hoelzl, giornalista della televisione svizzera, l'unico che riprese le fasi del recupero della mummia: morì nel 1999 di un tumore al cervello;
Helmut Simon, scopritore ufficiale della mummia: morì nell'aprile 2004 nel ghiacciaio dalle parti di Bad Gastein. Egli, in un primo tempo, pensò che la mummia fosse un soldato della Prima Guerra Mondiale;
Dieter Warnecke, l'uomo del soccorso alpino che partecipò alle ricerche di Simon: il giorno del funerale dell'alpinista, Warnecke fu colto da infarto e morì;
Konrad Spindler, docente all'Università di Innsbruck, primo archeologo ad aver analizzato Ötzi: affetto da sclerosi multipla e deceduto nel 2005;
Tom Loy, l'archeologo molecolare che analizzò la mummia e che aveva appena consegnato al suo editore uno studio su Ötzi: affetto da leucemia, è deceduto nel novembre 2005.
Vi è tuttavia da rilevare che Walter Leitner, docente a Innsbruck e sostenitore della tesi dell'assassinio di Ötzi, è recentemente scampato ad un'improvvisa bufera di neve nei pressi del ghiacciaio del Similaun. Forse che la mummia abbia deciso di lasciarlo in vita proprio in quanto sostenitore della tesi dell'assassinio? E ciò perché Ötzi vuole forse che la verità venga a galla?
Naturalmente queste supposizioni sono valide nell'ipotesi che esista effettivamente una maledizione.
Si può lucidamente asserire che, al momento, non vi sono sufficienti elementi valutativi per azzardare simili ipotesi: abbiamo solo una serie di persone decedute collegate, in un modo o nell'altro, (ma neanche tutti: Warnecke era semmai collegato a Simon, il quale era collegato direttamente a Ötzi) alla mummia . Nulla più.
Dunque?
Sicuramente nel futuro sarà fatta chiarezza sulla storia di quest'uomo che proviene da un passato remoto.
Fonti:
Massimo Centini, "Misteri d'Italia", Newton Compton Editori, Roma 2006
http://www.reteg.net/spiritycon/mummie/6italia.shtml
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