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LA MASCHERA DI FERRO
"Un uomo mascherato visse per anni e mascherato vi morì. Due moschettieri stavano al fianco, pronti a ucciderlo se si fosse tolto la maschera. Mangiava e dormiva indossando la maschera. Deve, senz'altro, esserci stata qualche buona ragione per questa pratica, poiché per il resto era trattato bene". A scrivere queste parole nel 1711, è Carlotta Elisabetta d'Orléans, cognata del re Luigi XIV. È uno dei primi documenti in cui emerge il mistero di un ignoro prigioniero rinchiuso alla Bastiglia. Nel romanzo Il Visconte di Bragelonne, Alexandre Dumas (padre) immaginava che i 3 moschettieri salvino l'uomo nella maschera di ferro, scoprendone l'identità: era il fratello gemello di Re Luigi XIV, Philippe, imprigionato dal sovrano per impedirgli di avanzare le pretese sulla corona. Quanta verità c'è in questa storia che, in 300 anni, ha ispirato oltre 200 libri, 11 film e 52 ipotesi storiche sulla reale identità del prigioniero?
Moschettiere camuffato???
"Il filosofo Voltaire, che fu imprigionato alla pastiglia e raccolse informazioni da prigionieri e carcerieri, pubblicò un articolo in cui confermava che l'uomo nella maschera di ferro era esistito veramente, precisando che aveva un volto così famoso che chiunque l'avesse visto l'avrebbe riconosciuto" dice lo storico inglese Roger MacDonald. Che un prigioniero mascherato sia davvero esistito lo sappiamo anche dalle lettere che il suo carceriere, Benigne d'Auvergne de Saint-Mars, scriveva al ministro della Guerra, il marchese di Louvois. Il nostro uomo era stato imprigionato nel 1669 a Pinerolo (To), che all'epoca era una piazzaforte francese (l'arresto, nel romanzo di Alexandre Dumas, sarebbe invece avventuo a Vaux le Vicomte); poi, insieme a Daint-Mars, era stato trasferito al castello di Exilles in Val di Susa, quindi (ma solo secondo Dumas) sull'isola di If, al largo di Marsiglia, poi sull'isola di Santa Margherita (al largo di Cannes) e infine alla Bastiglia, dove morì nel 1703. Ma chi era e perché era costretto a indossare una maschera?
L'uomo che sapeva troppo
"Per quest'uomo sono state proposte ben 52 diverse identità" racconta MacDonald. C'è chi dice che fosse una spia italiana, tale Antonio Ercole Mattioli, segretario di Stato per il duca di Mantova e protagonista di un oscuro intrigo; chi lo identifica nel ministro delle Finanze Nicolas Fouquet, colpevole di appropriazione indebita; chi addirittura nel celebre drammaturgo Molieère, colpevole di avere messo in ridicolo i potenti nelle sue commedie."Io invece" dice ancora MacDonald "penso che dietro la maschera ci fosse qualcuno di più famoso, qualcuno che conosceva tutti gli scandali della corrotta corte di Luigi XIV ma era troppo onesto per tenerli per sé. Qualcuno che dunque doveva essere tolto di mezzo. Ero convinto che questo qualcuno non fosse altri che Charles de Bartz-Castelmore conte di d'Artagnan, il noto moschettiere". Anche d'Artagnan, infatti, è davvero esistito, ed è proprio a lui che Dumas si è ispirato per i suoi romanzi. Ma il famoso moschettiere morì in battaglia di Maastricht del 1673, ovvero 30 anni prima del prigioniero mascherato: come poteva essere lui? " Sono convito che il re avesse tentato di farlo uccidere in quella battaglia ma qualcosa andò storto" continua MacDonald. "D'Artagnan si salvò e gli scagnozzi del re lo fecero sparire, lo imprigionarono per non farlo riconoscere. Le prove? Il biografo di d'Artagnan, Gatien Courtilz de Sandras, fu imprigionato alla Bastiglia quando c'era un l'uomo nella maschera di Ferro: la sua biografia è risultata così dettagliata perché fu d'Artagnan stesso a raccontargli la vita". Se davvero era lui, non sarebbe stato più semplice ucciderlo? "No, il carceriere Saint-Mars era amico di d'Artagnan e per proteggerlo lo nascose dietro la maschera".
Sotto minaccia
L'ipotesi di MacDonald, per quanto suggestiva, non convince gli esperti. " Se si studiano i registri delle prigioni" dice lo storico francese Jean-Christian Petitfils "si scopre che c'è solo una persona che ha seguito Saint-Mars da un carcere all'altro: eustache dauger, o Danger. Probabilmente era il valletto di un diplomatico e, in questa veste, forse aveva assistito a un incontro segreto che non avrebbe dovuto vedere". Forse Dauger venne a sapere qualcosa che avrebbe potuto rovinare la carriera di persona importanti. Perciò era fondamentale che non rivelasse a nessuno il suo segreto. Quando il marchese di Lovois affidò il prigioniero a Saint-Mars gli scrisse infatti: "E' della massima importanza per il servizio di Sua Maestà che (il prigioniero) riceva una stretta vigilanza e che non fornisca informazioni su di sé né spedisca lettere a nessuno & non dovrete mai ascoltare, per nessun motivo, ciò che potrò volervi rivelare, dovrete sempre minacciarlo di morte se aprirà la bocca per parlare di qualcosa che non riguardi i suoi bisogni quotidiani".
Legame intimo?oppure un'immensa gelosia?
Secondo un altro studioso, Maurice Duvivier, Dauger fu coinvolto nello "scandalo dei veleni". A Parigi alcune nobildonne avevano confessato a vari sacerdoti di avere avvelenato i propri mariti. La polizia aveva scoperto un gruppo di occultistiche durante messe nere preparavano pozioni d'amore, ma anche veleni per nobildonne desiderose di sbarazzarsi dei consorti. L'inchiesta portò alla condanna a morte di 36 persone e all'allontanamento di madame de Montespan, amante di Luigi XIV. Dagli atti risulta che i veleni furono procurati da un tal "dotto d'Auger": Duvivier è convinto che questo dottore e Eustache Dauger siano la stessa persona. "Ma perché la maschera?" si chiede Petitfils. "Forse perché serviva ad alimentare le voci su quanto il re fosse implacabile. Il messaggio era chiaro: conveniva rispettare le leggi piuttosto che essere fatti "sparire" dal re".
Strumento di una pseudo-propaganda
Anche lo studioso John Noone pensa che il prigioniero fosse Dauger, ma è convinto che la maschera avesse un altro scopo: "Non serviva a nascondere chi era il prigioniero, ma chi forse non era. L'uomo dietro la maschera di ferro era un tizio qualunque, Dauger appunto, ma Saint-Mars lo obbligò forse a mascherarsi per far credere che fosse importantissimo: e se lo avevano affidato a lui, voleva dire che anch'egli a sua volta era importante". In effetti, Saint-Mars, semplice moschettiere, finì la carriera come governatore della Bastiglia. E si era portato sempre appresso, on ogni carcere dove veniva promosso, il prigioniero con la maschera di ferro. Un documento del 1687 descrive il passaggio, nella città di Grasse, di un corteo guidato da Saint-Mars su un cavallo bianco, seduto su una portantina. "Se davvero si voleva nasconderne l'identità" conclude Noone "che senso aveva portare in parata quest'uomo?". È evidente che Saint-Mars si serviva di questa trovata solo per farsi pubblicità e per fare una carriera".
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