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Il culto di Ercole in Italia
a cura di Alberto Rossignoli
Il bronzo A, detto “il giovane”, potrebbe rappresentare Tideo, un feroce eroe proveniente dall’Etolia, figlio del dio Ares (o del re Eneo) e protetto di Atena.
Il vero culto di Ercole in Italia (praticamente caduto nell’oblio) è riemerso dalle nebbie del passato in tutta la sua importanza, quando un gruppo di ricercatori Focus ha tentato di sciogliere uno degli enigmi dell’antichità: quello della mitica via Heracleia, ossia di Ercole.
Esisteva davvero?
Se ne trova notizia in uno scritto attribuito ad Aristotele, in cui è presentata come una strada protetta, e gli stessi abitanti dei suoi vari tratti ne rispondevano direttamente (con un’ammenda e forse di più) se fosse capitato qualcosa di spiacevole al viandante. Su di lui, la speciale tutela di Ercole…
Sì, questa strada esisteva davvero.
Partiva dalla Sicilia, toccava molte località della Calabria, proseguiva per Campania, Lazio, Toscana. Tagliava lo stivale verso le Marche e proseguiva in Veneto e in Friuli. Piegava a ovest per la Pianura Padana, attraversava Piemonte e Liguria e superava le Alpi fino alla colonia greca di Marsiglia, l’antica Massaia, fondata dei Greci di Focea.
Come ci informa Dario Dal Corno, docente di storia antica all’Università di Milano, detta via si può immaginare come un insieme di sentieri, ma anche tratti più definiti, che furono battuti nel Medioevo dai pellegrini diretti in Terrasanta. Ad esempio, la via Burdigalense, che partiva da Bordeaux e passava anche dall’attuale Lombardia.
In Liguria, la via Romana Iulia Augusta, secondo le indagini di Gian Piero Martino, archeologo della locale Soprintendenza, seguiva proprio il tracciato della via Heracleia.
Ma come ha avuto origine la strada di Ercole?
Come spiega Giorgio Arnosti, del Gruppo Archeologico Cenedense di Vittorio Veneto, quando, in età preromana, si viveva soprattutto di pastorizia. L’eroe era venerato dagli allevatori delle varie stirpi italiche.
Le loro transumanze aprirono i primi percorsi della via, in cui dovevano essere bandite le razzie di bestiame e altri atti di violenza. In Veneto si sono ritrovati reperti riferiti a Ercole, statuette e iscrizioni di fonti sacre che confermano il clima di fiducia fra comunità anche distanti.
Il mito di Ercole univa.
E la Penisola era percorsa dai commercianti, anche provenienti dalla Grecia e diretti alle colonie del Nord come Marsiglia. L’idea che Ercole tutelasse i viaggiatori si rivelò ancora più importante.
Come spiega Ferruccio Bravi, del centro Studi Atesini di Bolzano, Ercole era un eroe sempre dalla parte della virtù e non del vizio, che difendeva i deboli, sfidando le forze del male e della natura.
Una figura che sembra avere diverse analogie con quella di Gesù Cristo ma che di certo non usava porgere l’altra guancia, in un’epoca in cui l’inganno e la sopraffazione erano praticati prima di tutto dagli dei.
Nato dalla relazione illegittima di Zeus con Alcmena, ne passò infatti di tutti i colori. Da piccolo dovette strangolare i serpenti inviati dalla gelosissima Era, moglie di Zeus. Da giovane, dopo che dei e semidei gli avevano insegnato a guidare il carro, a usare la spada, a tirare con l’arco e il pugilato (oltre che a suonare la lira, il canto e la letteratura) si trovò al celebre Bivio: due dee, una della virtù e l’altra del vizio, gli intimarono di fare una scelta. Lui andò con la prima. Con le sue continue persecuzioni, Era riuscì, nondimeno, a farlo impazzire nel momento di maggiore celebrità, dopo che aveva liberato Tebe dai Mimi e sistemato per bene altri tiranni. Era gli fece uccidere sei figli, facendo in modo che lui li scambiasse per nemici.
Accortosi dell’errore, preso dalla disperazione si recò dalla Pizia,l’oracolo di Delfi che, per volere di Zeus, lo mandò a compiere le celebri fatiche su ordine del sovrano-fratello Euristeo che regnava a Tirinto.
Le prime fatiche si svolsero nel Peloponneso, poi in Magna Grecia, Spagna, Francia, Nord-Africa, Medio Oriente: uno scenario che corrisponde all’espansione del suo culto.
In Italia l’eroe del mito compì soprattutto la sua decima fatica.
La percorse tutta, tornando dalla Spagna dove aveva sconfitto Gerione, il gigante egoista a tre teste e sei braccia, allo scopo di impossessarsi dei suoi buoi e restituirli agli uomini.
Stradone racconta che l’eroe, nell’area vulcanica dei Campi Flegrei (Na) si sia scontrato con i Giganti Leuterni e abbia dato origine, presso Pozzuoli, al Lago Averno, chiudendo un golfo. Preparò una strada vicino al lago, la stessa che oggi costeggia il mare, che Diodoro e Properzio chiamavano “strada Heracleia”. Questa passava presso Cuma, città che gli archeologi ritengono sia stato il punto iniziale di diffusone del mito in Italia e dove si credeva che esistessero le spoglie del tremendo cinghiale di Erimanto, catturato da Ercole.
Come spiega Attilio Mastrocinque, storico dell’Università di Verona, Ercole era molto legato alle sorgenti termali.
Santa Cesarea Terme, nel Salento, sarebbe il luogo dove alla fine sprofondarono i Giganti sconfitti.
In Sicilia, a Se gesta, si pensava che le ninfe avessero fatto zampillare sorgenti per farlo bere, dopo una delle sue imprese. A Siracusa gli fu dedicata la fonte Ciane, dove avrebbe compiuto il sacrificio di un toro. Il suo culto era diffuso anche a Roma, dove in una caverna del colle Aventino, aveva dimorato Caco, un altro mostro che tentò di rubare le mandrie di Ercole e che ebbe ovviamente la peggio.
Il culto è attestato anche a Orvieto e presso Cerveteri.
Ercole fu una delle pochissime divinità a far parte, nel VI sec. a.C., in epoca preromana, del pantheon degli antichi Veneti.
Sculture di Ercole e luoghi di culti si trovano anche in Friuli.
Ercole, nondimeno, ispirava sentieri protetti lungo l’arco alpino.
Come in Valcamonica (Lombardia) e a Usseglio (Piemonte), ove è stata rinvenuta un’ara votiva. Persino le sorgenti del Po gli erano state consacrate.
Per monti e boschi, dove i pericoli, anche di banditismo, erano maggiori che altrove, si moltiplicarono i suoi luoghi di culto.
Per Stradone, nei boschi sacri anche gli animali smettevano di essere inseguiti dai loro predatori.
Ercole, nondimeno, era identificato anche con la divinità celtica Ogmios: infatti, anche quest’ultimo veniva ritratto con una clava ed era, per i Celti, un dio “campione”, protettore delle acque…
Ma del dio Ogmios avremo modo di parlare prossimamente…
Fonti:
Focus, 10/2003; Franco Capone – Giacinto Mezzarobba, Il dio degli italiani
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