Il Fiore di Loto
In Egitto si trovano due specie di ninfee, chiamate dai greci e dai Latini “loti”:il loto bianco e il loto azzurro. Il primo presenta delle foglie dal bordo dentellato, boccioli arrotondati e petali larghi e aperti; il secondo ha invece delle foglie dal bordo lineare, boccioli appuntiti e stretti. Il loto azzurro fu il più sacro e il più rappresentato nell’arte egiziana.
Poiché il fiore di loto alla sera si chiude e si immerge sotto la superficie dell’acqua, per poi risollevarsi e dischiudersi nuovamente al mattino, esso divenne facilmente un simbolo del sole e della creazione. Secondo un mito della città di Hermopolis, fu un grande loto che si sollevò dalle acque primordiali e da cui, per la prima volta, sorse il sole. L’idea del giovane dio sole che appare come un fanciullo su un fiore di loto è ben descritta nel capitolo 15 del Libro dei Morti e fu di frequente rappresentata nell’arte egiziana. Questo giovane dio si chiamava Nefertum e portava spesso il titolo di “signore dei profumi”, evidente allusione alla fragranza del loto stesso. Come simbolo di rinascita, il fiore venne anche strettamente associato al culto funerario.
I quattro figli di Horo, che si prendevano cura del defunto, sono spesso raffigurati su un fiore che spunta da uno specchio d’acqua dinanzi al trono del dio Osiride, signore dei morti per eccellenza. Il Libro dei Morti contiene delle formule che permettevano al defunto di trasformarsi in un fiore di loto, alfine di resuscitare dopo la morte. Un piccolo busto di Tutankhamon esprime questo concetto e mostra la testa del giovane faraone che si innalza sopra un fiore di loto a una nuova vita.
Il loto appare in scene in cui esso viene offerto agli dei e, durante il Nuovo Regno, viene dipinto nelle tombe in scene di banchetto, sopra delle giare di vino (l’essenza del fiore di loto era forse usata nella preparazione del vino per le sue leggere proprietà narcotiche).
Nello stesso periodo il loto divenne un simbolo dell’Alto Egitto.
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